Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono.
— Papa Benedetto XVI
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La nostra interpretazione
Per poter trasmettere un sentimento autentico, l’essere umano ha bisogno dapprima di sperimentarlo su di sé. L’amore non nasce da uno sforzo puramente volontaristico né da un dovere astratto, ma da un’esperienza vissuta in profondità. Chi si riconosce amato, accolto e stimato, sviluppa dentro di sé una sorgente interiore da cui può sgorgare a sua volta dedizione verso gli altri. Senza questa radice, il gesto di bene rischia di trasformarsi in maschera, in generosità apparente o in sacrificio svuotato di senso.
L’essere umano è strutturalmente relazionale: ha bisogno di sentirsi voluto, ascoltato, perdonato, per poter imparare a volere, ad ascoltare e a perdonare. Non si tratta di un calcolo di dare e avere, ma di un dinamismo profondo in cui il cuore, colmato da un dono ricevuto, diventa capace di aprirsi. Chi è ferito dalla mancanza di affetto, spesso fatica a donarsi pienamente, perché porta in sé diffidenza, paura, mancanza di fiducia.
Ricevere amore, allora, non è un atto passivo né egoista: è il terreno su cui matura la capacità di donare senza riserve, senza possesso, senza tornaconto. Quando l’amore è sperimentato come dono gratuito, viene compreso nella sua verità più limpida. Da questa consapevolezza nasce un modo nuovo di rapportarsi agli altri: non più per bisogno, ma per sovrabbondanza; non per riempire un vuoto interiore, ma per condividere una pienezza ricevuta. Così il dono reciproco crea una circolazione vitale in cui chi ama e chi è amato si sostengono a vicenda e, nel farlo, fanno crescere un’umanità più giusta, misericordiosa e luminosa.
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