Chi non sente il suo male è tanto più malato.
A raccontare i propri mali, spesso vi si porta sollievo.
Dopo aver mentito occorre buona memoria.
La maniera di dare vale di più di ciò che si dà.
Nella felicità degli altri io cerco la mia felicità. Aprirsi agli altri: l'unica, la sola soluzione.
Un beneficio perde grazia a dargli troppa pubblicità; chi vuole che sia ricordato, deve dimenticarlo per primo.
Una malattia ne vale un'altra: i nomi fanno più paura della malattia. E le cure qualche volta sono peggio dei mali.
Non dobbiamo vergognarci della nostra malattia. Non è qualcosa da tenere nascosta. È, come dire, quella parte della nostra carta d'identità che ci fa rassomigliare di più A Gesù Cristo. È una tessera di riconoscimento incredibile, straordinaria.
La malattia è un processo fisico che dà inizio a quell'uguaglianza che la morte perfeziona.
È la malattia che rende piacevole e buona la salute.
Essere molto malati ed essere morti sono condizioni molto simili agli occhi della società.
Sempre più mi divenne evidente che per le persone colpite Dio destina i giorni di malattia a diventare giorni di raccoglimento interiore.
Io mantengo verso i medici una benevola diffidenza, perché a furia di studiare le malattie finiscono per considerare la salute anch'essa come una malattia.
Non ci sono malattie, ci sono soltanto malati.
La malattia mentale allora esprime contemporaneamente un movimento di rottura (autonomo e inconsapevole) con le forme di vista istituzionalizzate e lo stacco che il movimento stesso subisce.
Nella malattia il dolore fine a se stesso non va mai accettato e va contrastato con qualsiasi mezzo. La malattia deve aumentare e non diminuire il rispetto per la libertà, l'autodeterminazione e la personalità dell'individuo.