Anche la polvere del nostro amore è qualcosa, confrontata al nulla del mondo.
— Sergio Quinzio
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La nostra interpretazione
L’immagine della polvere suggerisce qualcosa che resta dopo la fine, un residuo fragile, quasi impercettibile, ma non per questo privo di valore. Qui l’amore è pensato come una realtà che, anche quando si è consumata la sua forma viva, lascia tracce, segni, una memoria che continua a significare. Nel confronto con il mondo, descritto come “nulla”, emerge un contrasto radicale: ciò che è stato vissuto nella relazione, pur ridotto a frammento, è ancora più pieno, più reale e più denso di senso rispetto alla vastità anonima e indifferente che circonda gli individui.
Questo modo di vedere attribuisce all’esperienza amorosa una qualità quasi assoluta: persino il suo dopo, ciò che rimane quando tutto sembra finito, non è mai puro vuoto. Le briciole di un legame contano più del grande silenzio che regna altrove. C’è implicitamente anche un richiamo alla memoria e alla responsabilità: ciò che si è condiviso non può essere cancellato come se non fosse mai esistito. Anche l’amore consumato, logorato o perduto continua a pesare sul cuore, a orientare lo sguardo sul mondo, a dare spessore all’esistenza. Di fronte alla sensazione di insignificanza generale, la storia vissuta tra due persone si afferma come un punto irriducibile di realtà, per quanto fragile, e diventa l’unico vero argine contro il senso del nulla e della vanità di tutto il resto.