Ma che paese è questo dove gli unici che hanno ancora qualche speranza vengono chiamati disperati?— Stefano Benni
Ma che paese è questo dove gli unici che hanno ancora qualche speranza vengono chiamati disperati?
Le stelle esistono perché amo, se non amassi scomparirebbero.
Quando uno non distingue più i banditi dagli sceriffi vuol dire che è nella merda.
Esisteranno sempre l'intelligenza, la voglia di libertà, l'eros e le sale da ballo, ma la parola speranza non mi sento più di pronunciarla.
Il presente corre veloce, ci sfugge e scorre, toglie ai pensieri ogni distanza.
Guardali bene. Guardali negli occhi. Hanno bei vestiti, belle etichette, begli incarti, ma sono velenosi.
Le sue disperazioni mi suonano troppo puntuali.
La partenza, non meno del ritorno, appare impossibile al disperato.
La legge del progresso è avanzare in mezzo alle sventure.
Il contrario della speranza è la disperazione, la resa totale. L'unico peccato per il quale non c'è perdono, né in terra né in cielo.
Le delusioni, le sconfitte, lo scoramento sono strumenti che Dio utilizza per mostrare la strada.
La bellezza è insopportabile, ci guida alla disperazione, offrendoci per un minuto uno squarcio dell'eternità che vorremmo allungare sopra la totalità del tempo.
La mia sola speranza riposa nella mia disperazione.
E il mio maestro mi insegnò com'è difficile trovare l'alba dentro l'imbrunire.
Quando non ti resta nient'altro imbastisci cerimoniali sul nulla e soffiaci sopra.
La disperazione è un contabile. Vuol far tornare i conti. Niente le sfugge. Addiziona tutto. Non molla neppure i centesimi. Rimprovera a Dio i fulmini e i colpi di spillo. Vuole sapere come regolarsi con il destino. Ragiona, pesa e calcola.