Il fine del viaggiare è il viaggiare stesso e non l'arrivare.
Come spesso capita con le più belle avventure della vita, anche questo viaggio cominciò per caso.
Una buona occasione nella vita si presenta sempre. Il problema è saperla riconoscere.
La misura dell'uomo non sta nella sua morte, ma nella sua vita.
Viaggiare ha senso solo se si torna con una qualche risposta nella valigia.
Le montagne, come il mare, ricordano una misura di grandezza dalla quale l'uomo si sente ispirato, sollevato. Quella stessa grandezza è anche in ognuno di noi, ma lì ci è difficile riconoscerla. Per questo siamo attratti dalle montagne.
In tibetano la definizione di "essere umano" è a-Go ba, "Viandante", "Chi fa migrazioni".
C'è un momento in cui il viaggio iniziato non può più essere interrotto, corriamo verso una frontiera, passiamo attraverso una porta misteriosa e ci svegliamo dall'altra parte, in un'altra vita.
Ero un giovane scrittore e volevo andare lontano. Sapevo che a un certo punto di quel viaggio ci sarebbero state ragazze, visioni, tutto; sapevo che a un certo punto di quel viaggio avrei ricevuto la perla.
In alcune parti del mondo il tuo arrivo o partenza si ampliano in modo misterioso per le emozioni di tutti quelli che sono arrivati o partiti prima di te.
Il viaggio è la ricompensa.
L'inverno passa e i venti caldi di Maggio mi fanno desiderare di vagabondare nuovamente. Il sibilo di una locomotiva in una notte calma ha un richiamo, inesplicabile, eppure forte, come la luce che porta una falena alla distruzione.
Smarrirsi è l'unico posto dove vale la pena di andare.
Viaggiare rende umili. Perché significa sbagliare, e ammettere i propri errori.
Vagabondo: colui che concepisce il mondo come scenario di viaggio permanente, dove non bisogna sedersi o fermarsi.
Non c'è bisogno di andare in India o altrove per trovare la pace. Scoprirai quella pace profonda del silenzio proprio nella tua stanza, nel tuo giardino o anche nella tua vasca da bagno.