L'eroe è sempre quello che resta, e il colpevole chi abbandona il campo.
È concesso anche a un eroe morente chiedersi prima di morire come parleranno di lui gli uomini dopo la sua morte.
L'eroe è colui il quale fa da solo ciò che altri dovrebbero fare: è dunque l'espressione del paese che si rassegna, delle genti in cui la coscienza individuale è debole ; che non sono ancora entrate nella civiltà, o che vi sono entrate male.
Essere un eroe ha il suo prezzo.
Apparenza dell'eroismo. Gettarsi in mezzo ai nemici può essere il segno distintivo della viltà.
Sorte miserabile quella dell'eroe che non muore, dell'eroe che sopravvive a se stesso.
L'autentico eroismo è sicuramente sobrio, privo di drammi. Non è il bisogno di superare gli altri a qualunque costo, ma il bisogno di servire gli altri a qualunque costo.
Il vero eroismo non riceve ovazioni, non intrattiene nessuno. Nessuno fa la fila per vederlo. Nessuno se ne interessa.
Il vero eroe alla fine muore. Quelli che restano sono i filosofi.
Ogni eroe finisce per annoiare.
L'unità di misura del teatro come rappresentazione è l'uomo, e quest'uomo deve poter essere riconosciuto da coloro che siedono nella platea come uno di loro, come un campione, nel bene e nel male, di ciò che essi sono, temono o sperano di essere; un eroe, insomma.