La vera gloria di un vincitore è quella di essere clemente.— Vincenzo Cuoco
La vera gloria di un vincitore è quella di essere clemente.
Il sentimento produce l'entusiasmo.
La ricchezza è relativa all'oggetto a cui taluno tende: un uomo che abbia trecentomila scudi di rendita, è un ricchissimo privato, ma sarebbe un miserabile sovrano.
Le vittorie consumano le forze al pari o poco meno delle disfatte, e le forze si perdono inutilmente se non prive di consiglio, o lo scopo è tale che non possa ottenersi.
Ciò che è effetto di sola fortuna non si ripete con tanta simiglianza due volle.
Ci sono due tipi di uomini: quelli che fanno la storia e quelli che la subiscono.
La vigliaccheria chiede: è sicuro? L'opportunità chiede: è conveniente? La vana gloria chiede: è popolare? Ma la coscienza chiede: è giusto?
L'errore peggiore è pensare che quello che conta più di tutto in una partita sia vincere. Niente affatto. Quello che conta è la gloria. È giocare con stile, con bellezza, è andare in campo e travolgere l'avversario, non aspettare che sia l'avversario a farsi avanti e così morire di noia.
La gloria e la grandezza, chimere.
La gloria è un convento.
Poiché l'uomo è ragionevole deve bere; stato divino dell'esistenza è l'ebbrezza, nella gloria, nell'uva, nell'amore e nell'oro affonda la speranza di uomini e nazioni.
Se è un'impresa facile quella che gli dei ti propongono, non avrai alcun merito né alcun demerito a compierla. La gloria è nelle imprese difficili.
Chi sta sulla punta dei piedi non si tiene ritto, chi sta a gambe larghe non cammina, chi da sé vede non è illuminato, chi da sé s'approva non splende, chi da sé si gloria non ha merito, chi da sé s'esalta non dura a lungo.
La modestia è il solo splendore che sia permesso aggiungere alla gloria.
Rendere gloriosa la sconfitta è lo stesso che trionfare.