La felicità significa non lamentarsi di quello per cui non c'è niente da fare. Le lamentele sono il rifugio di coloro che non hanno fiducia in se stessi.
Tutto è perfetto nell'universo, anche il tuo desiderio di migliorarlo.
Tu non sei quale in precedenza hai deciso di essere, ma quale oggi scegli di essere.
Pensa agli altri, ci dice la società. Ama il prossimo tuo, esorta la Chiesa. A quanto pare, nessuno si ricorda mai del "come te stesso". Se è vero che vuoi conseguire la felicità nel presente, proprio questo, invece, dovrai imparare a fare: amare te stesso.
L'essenza della grandezza consiste nella capacità di scegliere la propria personale realizzazione in circostanze nelle quali altri scelgono la follia.
La pazienza infinita porta risultati immediati.
È un'anima vile quella che, non appena le nubi si addensano o anche soltanto si mostrano all'orizzonte, si rannicchia, si perde d'animo e si lamenta.
Le recriminazioni sono àncore nella sabbia, impediscono di prendere il largo.
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Non lamentarti se non sei ricco o potente: anche un uomo umile e solitario può diventare grande come una montagna.
La lamentela è il cemento sociale.
Che stoltezza deplorare e lamentare di avere in passato lasciato senza sfruttarla l'occasione offertaci per questa o quella felicità, questo o quel piacere! Che guadagno se ne avrebbe, ora? La secca mummia di un ricordo.
A lamentarsi sono sempre quelli che hai trattato meglio.
Lamentarsi? No, essere attivo! Deplorare? No, essere soccorrevole! Accusare? No, correggere!
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