La lamentela è il cemento sociale.
Storia. Ogni volta che la parola appare, fa capolino la violenza.
Non esiste vera arte senza perfetta inutilità.
Nella corsa all'avere gli uomini rammentano quegli scarabei che si contendono, combattendo con minuziosità, una pallina di sterco.
Il violento, il dogmatico, l'intransigente sono anche persone stupide: basta fargli credere che hanno ragione.
Un eccessivo orgoglio può spegnere anche la più legittima gelosia.
A lamentarsi sono sempre quelli che hai trattato meglio.
Non lamentarti se non sei ricco o potente: anche un uomo umile e solitario può diventare grande come una montagna.
La felicità significa non lamentarsi di quello per cui non c'è niente da fare. Le lamentele sono il rifugio di coloro che non hanno fiducia in se stessi.
Che stoltezza deplorare e lamentare di avere in passato lasciato senza sfruttarla l'occasione offertaci per questa o quella felicità, questo o quel piacere! Che guadagno se ne avrebbe, ora? La secca mummia di un ricordo.
Tu ti lamenti, ma che ti lamenti? Pigghia nu bastoni e tira fora li denti!
Le recriminazioni sono àncore nella sabbia, impediscono di prendere il largo.
Lamentarsi? No, essere attivo! Deplorare? No, essere soccorrevole! Accusare? No, correggere!
È un'anima vile quella che, non appena le nubi si addensano o anche soltanto si mostrano all'orizzonte, si rannicchia, si perde d'animo e si lamenta.