All'inferno ci va chi ci crede.
Fare oggi un romanzo tradizionale ha lo stesso senso che conquistare oggi l'Eritrea o fondare oggi la Fiat.
Non facciamo tanto gli spiritosi, e non pretendiamo che la gente oggi sia incapace di provare delle passioni, solo perché non ci riusciamo noi.
Il lusso va benissimo, purché sfrenato.
Per quel che riguarda la leggerezza non ho certo dovuto aspettare Italo Calvino per scoprirla. Prima di lui se si era sospettati, anche giustamente, di leggerezza si veniva biasimati molto: poi è arrivato Calvino e in un colpo solo l'ha redenta, come per magia.
Sulla via per l'inferno c'è sempre un sacco di gente, ma è comunque una via che si percorre in solitudine.
L'inferno è il paradiso più la morte.
Quando moriremo andremo sicuramente in Paradiso, perchè l'Inferno l'abbiamo già vissuto qui.
È necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno.
Il mondo è appunto l'inferno e gli uomini sono, da una parte, le anime tormentate e, dall'altra, i diavoli.
L'inferno è una città molto simile a Londra: una città popolosa e fumosa.
Si è sempre tentato di tenere insieme gli uomini con la forza o le minacce. La minaccia dell'inferno era un tentativo di questo tipo.
Noi siamo all'inferno, e la sola scelta che abbiamo è tra essere i dannati che vengono tormentati o i diavoli addetti al loro supplizio.
L'inferno è pieno di desideri e di buon senso.
L'inferno è lastricato di buone intenzioni, non di cattive.