All'inferno ci va chi ci crede.
Non facciamo tanto gli spiritosi, e non pretendiamo che la gente oggi sia incapace di provare delle passioni, solo perché non ci riusciamo noi.
Scrivere oggi un romanzo tradizionale pare anacronistico e temerario come uscire in carrozza e cilindro, generoso e sfortunato come l'ultima carica del Savoia Cavalleria contro i carri armati russi.
Per quel che riguarda la leggerezza non ho certo dovuto aspettare Italo Calvino per scoprirla. Prima di lui se si era sospettati, anche giustamente, di leggerezza si veniva biasimati molto: poi è arrivato Calvino e in un colpo solo l'ha redenta, come per magia.
Se nel rock bisogna drogarsi tanto per arrivare a canzoni come quelle di Jimi Hendrix e Janis Joplin, Wagner e Brahms che cosa avrebbero dovuto fare? Mettersi un dito nel didietro?
Noi siamo all'inferno, e la sola scelta che abbiamo è tra essere i dannati che vengono tormentati o i diavoli addetti al loro supplizio.
Si è sempre tentato di tenere insieme gli uomini con la forza o le minacce. La minaccia dell'inferno era un tentativo di questo tipo.
Chi dice che l'inferno è nell'aldilà conosce male l'aldiquà.
Il mondo che abitiamo è l'inferno temperato dal nulla, dove l'uomo, che rifiuta di conoscere sé stesso, preferisce immolarsi.
Senza il purgatorio e l'inferno, il buon Dio non sarebbe che un povero re.
Sulla via per l'inferno c'è sempre un sacco di gente, ma è comunque una via che si percorre in solitudine.
L'inferno è il paradiso più la morte.
L'inferno di cui parla la teologia non è peggiore di quello che noi creiamo a noi stessi in questo mondo formando in modo sbagliato il nostro carattere.
L'inferno è per i puri; questa è la legge del mondo morale. Esso è infatti per i peccatori, e peccare si può soltanto contro la propria purezza. Se si è una bestia, non si può peccare e non si sente nulla di un inferno.
Al niente preferisco l'inferno, se non altro per la conversazione.