All'inferno ci va chi ci crede.— Alberto Arbasino
All'inferno ci va chi ci crede.
Niente di peggio che lavorare a orario fisso: si produce scrittura burocratica.
Fare oggi un romanzo tradizionale ha lo stesso senso che conquistare oggi l'Eritrea o fondare oggi la Fiat.
La poesia l'ho letta perché mi piaceva, mica per dare degli esami alla facoltà di Lettere!
Non facciamo tanto gli spiritosi, e non pretendiamo che la gente oggi sia incapace di provare delle passioni, solo perché non ci riusciamo noi.
Scrivere oggi un romanzo tradizionale pare anacronistico e temerario come uscire in carrozza e cilindro, generoso e sfortunato come l'ultima carica del Savoia Cavalleria contro i carri armati russi.
Il mondo che abitiamo è l'inferno temperato dal nulla, dove l'uomo, che rifiuta di conoscere sé stesso, preferisce immolarsi.
L'inferno è lastricato di buone intenzioni.
Il mondo è appunto l'inferno e gli uomini sono, da una parte, le anime tormentate e, dall'altra, i diavoli.
L'inferno è lastricato di buone intenzioni, non di cattive.
Se stai attraversando l'inferno, fallo a testa alta.
È necessario che ciascuno scenda una volta nel suo inferno.
Da quando l'uomo non crede più all'inferno, ha trasformato la sua vita in qualcosa che somiglia all'inferno. Non può farne a meno.
L'inferno è vuoto e tutti i diavoli sono qui.
L'inferno è una città molto simile a Londra: una città popolosa e fumosa.
Senza il purgatorio e l'inferno, il buon Dio non sarebbe che un povero re.