O si pensa o si crede.— Arthur Schopenhauer
O si pensa o si crede.
Imitare le qualità e le caratteristiche altrui è molto più vergognoso del portare abiti altrui: perché è il giudizio della propria nullità espresso da se stessi.
Non esiste indizio più infallibile di un cuore profondamente cattivo, della più bassa indegnità morale, che un tratto di pura e cordiale gioia del danno altrui.
Dei mali della vita ci si consola con la morte, e della morte con i mali della vita. Una gradevole situazione.
Il caso sa l'arte regale di metter bene in chiaro che, in confronto col suo grazioso favore, ogni merito è impotente e senza valore.
Vi sono due tipi di scrittori: coloro che scrivono per amore della cosa, e coloro che scrivono per scrivere. I primi hanno avuto idee oppure esperienze che sembrano loro degne di essere comunicate; i secondi hanno bisogno di denaro e perciò scrivono per denaro. Essi pensano al fine di scrivere.
Noi abbiamo bisogno di credere.
Non credete a nulla di quanto sentito dire e non credete che alla metà di ciò che vedete.
Si rischia tanto a credere troppo quanto a credere troppo poco.
Credere significa liberare in se stessi l'indistruttibile, o meglio: liberarsi, o meglio ancora: essere.
Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi.
Un credo è come una ghigliottina, altrettanto pesante, altrettanto leggero.
Accettare una credenza semplicemente perché essa è costume, significa: essere disonesti, essere vili, essere pigri. E così disonestà, viltà e pigrizia sarebbero i presupposti dell'eticità?
Se dunque qualcuno vuol conoscere quello che deve credere, deve rendersi conto che non potrà capire di più parlandone, che credendo.
Quando si crede bisognerebbe lottare per non ridurre Dio a un piccolo idolo domestico.
O si crede o non si crede. Il mistero rimane tale e forse un giorno, se esiste, lo sveleremo per intero. Post mortem.