Provare invidia è umano, assaporare la gioia per il danno altrui è diabolico.
Nelle persone di capacità limitate la modestia è semplice onestà, ma in chi possiede un grande talento è ipocrisia.
Non sono mai mancate persone, che si siano affaticate a fondare il loro mantenimento sul bisogno metafisico dell'uomo e a sfruttarlo il più che possibile: perciò in tutti i popoli vi sono i monopolizzatori ed appaltatori generali di esso: i sacerdoti.
È la cattiveria il collante che tiene insieme gli uomini. Chi non ne ha abbastanza si distacca.
Mediante il precoce indottrinamento, in Europa si è arrivati al punto che la credenza in un dio personale è letteralmente diventata, in quasi tutti, un'idea fissa.
Chi crede non pensa; chi pensa non crede.
L'invidia è una pandemia.
La nostra invidia dura sempre più a lungo della felicità di quelli che invidiamo.
L'invidia è una forma di vizio, in parte morale e in parte intellettuale, che consiste nel non vedere mai le cose in se stesse, ma soltanto in rapporto ad altre.
L'invidia, la bile dell'anima.
L'invidia è odio, è la base, se non lo zoccolo duro di tutte le psicopatologie. Perché se ti invidio, inevitabilmente voglio il tuo male, e se voglio il tuo male, inevitabilmente voglio il "mio" male.
L'invidia è una terribile fonte di infelicità per moltissima gente.
La nostra invidia dura sempre più a lungo della felicità di chi è invidiato.
Invidia, radice d'infiniti mali e tarlo delle virtù! Tutti i vizi seco si traggono.
Tre sono gli istinti primordiali: l'angoscia, l'invidia e il senso di immortalità.
Il male è che se c'è qualcosa di bello qualcuno vuole che sia brutta. Il male è un bambino che piange perché ha paura di mostri che non ci sono. Il male è non essere capaci di ballare e decidere di maledire chi balla invece di imparare a farlo.
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