La guerra sta all'uomo, come la maternità alla donna.
La grande Roma deve essere quella d'un tempo: il centro della cultura mondiale, e il Vaticano sarà il ghetto del cattolicesimo.
La storia ci dice che la guerra è il fenomeno che accompagna lo sviluppo dell'umanità. Forse è il destino tragico che pesa su l'uomo. La guerra sta all'uomo, come la maternità alla donna.
La gente oggi non vuol governare; essa vuole esser governata, e avere la sua pace. Se fossero di più i grandi uomini di stato in Europa, ci sarebbero meno partiti.
Il libro ha qualche volta il valore di una ambasciata.
Il fascismo non è un partito, è un movimento.
Se per decidere se debba esserci o no la guerra, viene richiesto il consenso dei cittadini, allora la cosa più naturale è che, dovendo subire loro stessi tutte le calamità della guerra, rifletteranno molto prima di iniziare un gioco così brutto.
Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e le partite di calcio come se fossero guerre.
Molto si miete in guerra, ma il raccolto è sempre scarsissimo.
Guerra. Un sottoprodotto della pace.
La guerra è un gioco, che i re, se i loro sudditi fossero saggi, non giocherebbero mai.
Un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra.
La guerra è la sintesi culminante e perfetta del progresso.
Mai credere in una guerra corta e felice o che chiunque si imbarchi in uno strano viaggio possa prevedere le insidie e gli uragani che incontrerà.
Chi, essendo in guerra col mondo, è in pace con se medesimo, può essere felice; ma non può non essere infelicissimo chi, essendo in guerra con se medesimo, sia in pace col mondo.
È certo assai più difficile perdere una guerra che vincerla. A vincere una guerra tutti son buoni, non tutti son capaci di perderla.