Che è l'onestà se non la paura della prigione?
L'utopia di un secolo spesso diviene l'idea volgare del secolo seguente.
Italia 1870. Tempi di recrudescenza governativa. La tutela della P.S. affidata ai bricconi. Il mostruoso connubio fra Chiesa e Stato. I regolamenti, perpetua offesa alle leggi, etc. etc., l'usura.
Il pudore inventò il vestito per maggiormente godere la nudità.
Che buon tempo! Star lì a fare la fatica di far versi quando ce ne sono tanti già belli e fatti.
Che è un matrimonio, in tutti i paesi del mondo, per quanto premeditato, se non un getto di dadi?
La paura è uno strano terreno. Vi cresce soprattutto il grano dell'obbedienza, in file facili da sarchiare. Ma talvolta vi crescono le patate della sfida, che si sviluppano sottoterra.
La speranza e la paura ci fanno vedere come verosimile e prossimo rispettivamente ciò che desideriamo e ciò che temiamo, ma entrambe ingrandiscono il loro oggetto.
Come un capitale liquido, pronto per ogni genere di investimento, il capitale della paura può essere, ed è trasformato in qualsiasi genere di profitto, commerciale o politico.
Ci sono due leve per fare muovere un uomo, paura ed egoismo.
Se le speranze sono delle credulone, le paure sono delle bugiarde.
La virtù cresce osando, tardando la paura.
Conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi delle paure degli altri.
Io non so se il tempo presente ci ha donato grandi benefici, di sicuro ha inventato un sacco di paure.
La paura non ha mai portato nessuno alla vetta.
Viviamo nella paura, ed è così che non viviamo.