Amare significava distruggere ed essere amati significava essere distrutti.
— Cassandra Clare
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La nostra interpretazione
L’amore viene rappresentato come una forza intrinsecamente distruttiva, una dinamica in cui l’incontro profondo con l’altro porta con sé la perdita di qualcosa di fondamentale di sé. Donarsi significa esporsi al rischio di consumarsi, erodere difese, convincimenti e persino la propria identità. Essere amati non è un’esperienza rassicurante, ma implica lasciarsi penetrare dallo sguardo e dalle aspettative altrui, fino al punto in cui ciò che si era prima non esiste più nella stessa forma.
L’esperienza affettiva appare come una guerra silenziosa: non per cattiveria, ma per l’intensità con cui due persone cercano di possedersi, comprendersi e plasmarsi a vicenda. L’amore non è più un rifugio, ma un campo di tensioni in cui la vulnerabilità può diventare arma, il bisogno dipendenza e il desiderio ossessione. Chi ama e chi è amato partecipano a un gioco inevitabile di potere e fragilità, dove non esiste un contatto davvero profondo senza qualche forma di frattura interiore.
Sotto questa visione si nasconde una verità scomoda: coinvolgersi pienamente significa accettare la possibilità di perdere il controllo, di veder crollare le certezze, di non essere più padroni della propria invulnerabilità. L’amore appare allora come una scelta radicale, in cui si mette in conto che la stessa intensità che fa sentire vivi può anche ferire in modo irreversibile. Chi entra davvero in relazione con un altro essere umano accetta, consapevolmente o meno, che una parte di sé non tornerà mai più come prima.
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