Dobbiamo liberarci dal carcere degli affari e della politica.
Partecipiamo alle sventure degli amici non piangendoci sopra, ma dandoci da fare.
La giustizia non esiste di per sé, ma solo nei rapporti reciproci, e in quei luoghi nei quali si sia stretto un patto circa il non recare ne ricevere danno.
È necessario far calcolo del fine a noi immediatamente dato e di tutta intera l'evidenza, alla quale riportiamo i nostri giudizi. Altrimenti tutto sarà pieno di disordine e confusione.
Dimostriamo compatimento per le sofferenze degli amici non con le lamentazioni, ma prendendoci cura di loro.
Facile a disprezzare è ogni dolore: giacché quello che ha intenso il travaglio, ha breve la durata, e quello che nella carne perdura, ha temperato il travaglio.
Un gran rumore da una parte e mancanza di responsabilità dall'altra.
Mangia il Governo, mangia la Provincia; mangia il Comune e il capo e il sottocapo e il direttore e l'ingegnere e il sorvegliante... Che può avanzare per chi sta sotto terra e sotto di tutti e deve portar tutti sulle spalle e resta schiacciato?
Molti politici arrivano in alto per la totale mancanza di qualità per le quali li si vorrebbe tenere in basso.
L'atto poetico deve essere bello, estetico e prescindere da qualsiasi giustificazione.
Alcuni vivono per la politica, molti della politica.
Non c'è nessun atto di slealtà, o meschinità di cui un partito politico non sia capace; perché in politica non esiste l'onore.
In politica, chi ha paure perde.
Lasciamo in pace i geni. Dico solamente che ai politici resta da fare la politica onesta. Nient'altro che questo. Ma sarebbe la rivoluzione.
Il politico è come la donna frigida: per piacere deve fingere.
Politica è dire sempre «noi» e mai «io».