Amare veramente una persona significa anche gioire della sua felicità altrove.
— Fabio Volo
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La nostra interpretazione
L’amore autentico non è possesso, ma libertà. Quando il sentimento è profondo e maturo, il centro dell’attenzione non è più il bisogno personale di avere l’altro accanto, bensì il desiderio sincero che l’altro stia bene, anche se questo benessere si compie lontano da noi. In questo modo il legame smette di essere una gabbia emotiva e diventa uno spazio aperto, in cui la felicità dell’altro ha lo stesso valore, se non maggiore, della nostra.
C’è in questo atteggiamento una rinuncia al controllo e alla pretesa: non si misura l’affetto sulla quantità di tempo condiviso o sul ruolo che occupiamo nella vita dell’altro, ma sulla capacità di accettare che il suo cammino possa seguire direzioni diverse dalle nostre aspettative. È una forma di amore che include il dolore della distanza, ma non lo trasforma in risentimento. Il cuore resta ferito, ma non diventa ostile; soffre, eppure riconosce che trattenere qualcuno solo per colmare la propria solitudine sarebbe una forma di egoismo.
In questo orizzonte, la dignità dell’amore consiste nel non ostacolare la crescita, nel non sabotare legami che non ci comprendono più, nel non convincere chi amiamo a restare dove non sente più di appartenere. C’è una serenità sottile nel saper dire a se stessi che la propria storia con l’altro può cambiare forma senza perdere valore. La memoria del bene condiviso rimane, ma non diventa catena. Lasciare andare senza smettere di voler bene diventa allora una delle massime espressioni di maturità affettiva. È la prova che il sentimento non era fondato sul possesso, ma su un riconoscimento profondo dell’alterità e della libertà di chi abbiamo amato, o continuiamo ad amare, anche da lontano.
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