Chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.— Fabrizio De André
Chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.
E adesso aspetterò domani per avere nostalgia signora libertà signorina fantasia così preziosa come il vino così gratis come la tristezza con la tua nuvola di dubbi e di bellezza.
E quando i sacerdoti ti rifiutarono alloggio avevi dodici anni e nessuna colpa addosso; ma per i sacerdoti fu colpa il tuo maggio, la tua verginità che si tingeva di rosso.
E poi se la gente sa, e la gente lo sa che sai suonare, suonare ti tocca per tutta la vita e ti piace lasciarti ascoltare.
C'era un cartello giallo con una scritta nera diceva: "Addio bocca di rosa con te se ne parte la primavera".
Ninetta mia, crepare di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio. Ninetta bella, dritto all'inferno avrei preferito andarci in inverno.
Il ricordo è una memoria che ha goduto.
Il ricordo ci lega a una parte consumata della nostra vita.
Il ricordo è un compromesso: gli uomini si difendono con quello.
I ricordi sono voli brevi, barbaglianti: ma il pipistrello che hai abbattuto è la realtà.
Il ricordo è una pietra che ostacola il cammino della speranza.
I ricordi sono come il vino che decanta dentro la bottiglia: rimangono limpidi e il torbido resta sul fondo. Non bisogna agitarla, la bottiglia.
Il ricordo è un modo di incontrarsi.
I ricordi si interpretano come i sogni.
I nostri ricordi sono schedari consultati e poi restituiti in disordine da autorità che noi non controlliamo.
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.