Chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.— Fabrizio De André
Chiama i ricordi col loro nome volta la carta e finisce in gloria.
La canzone è una vecchia fidanzata con cui passerei ancora molto volentieri buona parte della mia vita, sempre e soltanto nel caso di essere ben accetto.
Sappiate che la morte vi sorveglia, gioir nei prati o fra i muri di calce, come crescere il gran guarda il villano finché non sia maturo per la falce.
L'autunno negli occhi, l'estate nel cuore, la voglia di dare, l'istinto di avere, e tu... tu lo chiami amore e non sai che cos'è, e tu... tu lo chiami amore e non ti spieghi il perché.
Ma tu che stai, perché rimani? Un altro inverno tornerà domani cadrà altra neve a consolare i campi cadrà altra neve sui camposanti.
Il ricordo è un compromesso: gli uomini si difendono con quello.
L'uomo mortale, Leucò, non ha che questo d'immortale. Il ricordo che porta e il ricordo che lascia. Nomi e parole sono questo. Davanti al ricordo sorridono anche loro, rassegnàti.
Il ricordo è una memoria che ha goduto.
Il ricordo è una pietra che ostacola il cammino della speranza.
La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.
I nostri ricordi sono schedari consultati e poi restituiti in disordine da autorità che noi non controlliamo.
Il ricordo ci lega a una parte consumata della nostra vita.
Chi non ricorda, non vive.
I ricordi sono voli brevi, barbaglianti: ma il pipistrello che hai abbattuto è la realtà.