Essere poeta non è una mia ambizione. È la mia maniera di stare solo.
I sogni ce l'hanno tutti: ciò che ci differenzia è l'intensità per raggiungerli o il destino che li raggiunge per noi.
Do asilo dentro di me come a un nemico che temo d'offendere, un cuore eccessivamente spontaneo che sente tutto ciò che sogno come se fosse reale che accompagna col piede la melodia delle canzoni che il mio pensiero canta, tristi canzoni, come le strade strette quando piove.
Dal mio quarto piano sopra l'infinito, nella plausibile intimità della sera che scende, alle finestre verso lo spuntare delle stelle, i miei sogni viaggiano in sintonia con la distanza evidente per i viaggi verso paesi sconosciuti, o immaginati o soltanto impossibili.
Vorrei vivere diverso in paesi lontani. Vorrei morire altro fra bandiere sconosciute.
Siediti al sole. Abdica e sii re di te stesso.
Il poeta è un fingitore. Finge così completamente che arriva a fingere che è dolore il dolore che davvero sente.
I poeti non si redimono, vanno lasciati volare tra gli alberi come usignoli pronti a morire.
Un attributo dell'ignoranza, l'autoinganno, potrebbe essere necessario al poeta per sopravvivere.
Il dolore del poeta è di così mirabile natura che anche quando il suono ne è triste, l'eco ne è dolce.
Non c'è forse sentimento al mondo, nemmeno l'avidità del guadagno, che sia tanto contrario all'ingenuità del poeta, quanto questa gola di gloria, che si risolve in un desiderio di sopraffazione!
Il poeta, se è e quando è veramente poeta, cioè tale che significhi solo ciò che il fanciullo detta dentro, riesce perciò ispiratore di buoni e civili costumi, d'amor patrio e familiare e umano.
Un poeta è uno a cui non interessano le storie, si concentra sulle visioni e lavora sul linguaggio.
Il poeta ribelle, l'eroe solitario, è un individuo senza seguaci: non trascina le masse in piazza, non provoca le rivoluzioni. Però le prepara.
Il poeta vive di esagerazioni e si fa conoscere per mezzo di fraintendimenti.
Poeta si nasce, oratore si diventa.