L'ebreo è esule: e noi crediamo di non esserlo?— Giorgio Manganelli
L'ebreo è esule: e noi crediamo di non esserlo?
Sono libero di credere o non credere in Dio, ma devo salire sul tram dalla parte destra, portiera di fondo.
Lo scrittore deve adescare, non deve raccontare niente, non ha nessun compito di trasmettere verità.
In generale, gli scrittori sono convinti segretamente di essere letti da Dio.
Letteratura è un gesto non solo arbitrario, ma anche vizioso: è sempre un gesto di disubbidienza, peggio, un lazzo, una beffa; e insieme un gesto sacro, dunque antistorico, provocatorio.
Se tutti gli ebrei fossero stati convertiti da Gesù Cristo, avremmo solo testimoni sospetti. Ma se fossero stati sterminati, non avremmo nessun testimone.
La patria dell'ebreo sono gli altri ebrei: perciò egli combatte per essi come pro ora et focis, e non vi è comunità sulla terra così salda come la loro.
Gli ebrei, se sono buoni, sono migliori, se cattivi, peggiori dei cristiani.
La cultura ebraica non è una sorta di erba selvatica che cresce per conto suo. È un giardino che si deve curare di continuo. Quando il giardiniere se ne scorda, o decide di scordarsene, le piante avvizziscono.
Essere ebreo è una condizione umana estrema, terribile e insondabile; una condizione di cui l'occidentale ha paura; e noi sappiamo che si ha paura di ciò che sta dentro di noi, non di ciò che ci è estraneo.
Il giudaismo e le sue due principali note a piè di pagina, il cristianesimo e il socialismo utopico, discendono direttamente dal Sinai, e anche gli ebrei erano solo un piccolo gruppo disprezzato e perseguitato.
Se un cristiano compie una cattiva azione la responsabilità è soltanto sua; se un ebreo compie una cattiva azione, la colpa ricade su tutti gli ebrei.
Non sono i sei milioni di ebrei che mi preoccupano, è che i record sono fatti per essere battuti.
Gli ebrei sono costretti a contemplare, se non ad accettare o a razionalizzare, l'atroce paradosso della loro colpevolezza innocente, il fatto che sono stati loro a rappresentare nella storia occidentale l'occasione, la possibilità ricorrente per il gentile di diventare meno che umano.
Gli ebrei sono il popolo eletto del loro dio, ed egli è il dio eletto del suo popolo: e per il resto questo non interessa niente a nessuno.