Si ama perché si incontra una volta un essere che si crede creato apposta per sé, oppure si ama semplicemente perché si è nati con la capacità di amare?
— Guy de Maupassant
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La nostra interpretazione
L’amore viene presentato come un enigma sospeso tra destino e natura umana. Da un lato emerge l’idea dell’incontro unico, quasi miracoloso, con una persona che sembra perfettamente accordata al proprio essere, come se esistesse un disegno segreto che fa combaciare due anime. In questa prospettiva l’amore appare come un evento irripetibile, che accade una volta e sembra dare senso all’intera esistenza, generando la sensazione che quell’altro sia stato “pensato” per noi. Dall’altro lato, però, affiora una visione più interiore: l’amore come facoltà innata, come capacità inscritta nella nostra natura ancora prima di ogni incontro, quasi un istinto profondo a donarsi, a cercare un legame, a proiettare affetto e significato sull’altro.
Questa tensione apre una domanda inquieta: ciò che proviamo nasce davvero dall’unicità della persona amata o dalla nostra predisposizione a investire qualcuno di quell’unicità? Si suggerisce che il sentimento non sia solo risposta a una figura esterna ideale, ma anche espressione di un bisogno interno di amare. In questo equilibrio fragile tra l’illusione di un essere fatto apposta per noi e la nostra irriducibile capacità di amare, si riflette la complessità dell’esperienza amorosa, sospesa tra scelta e fatalità, realtà e proiezione, incontro concreto e vocazione interiore al legame.
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