In queste parole emerge una visione dell’amore segnata dalla ferita e dalla disillusione. Il sentimento, invece di apparire come forza salvifica o promessa di felicità, assume i contorni di un rischio estremo, quasi una minaccia alla propria stabilità emotiva e mentale. L’errore non è soltanto nell’amare, ma nel lasciare che questo sentimento apra le porte a un’aspettativa che si rivela ingannevole. La speranza, solitamente considerata virtù luminosa, diventa un’alleata subdola, capace di tenere legate le persone a qualcosa che non esiste o che non potrà mai compiersi davvero. In questo sguardo si riconosce il peso delle delusioni accumulate: l’esperienza ha trasformato ciò che un tempo era promessa in sospetto, ciò che pareva dono in trappola. L’amore è visto come forza che rende vulnerabili, espone al tradimento, all’abbandono, alla frattura delle proprie certezze. La speranza prolunga l’agonia, alimentando illusioni che impediscono di accettare la realtà. Si intravede una forma di difesa interiore: demonizzare il sentimento per proteggersi dalla possibilità di soffrire ancora. È il pensiero di chi ha visto crollare le proprie aspettative e ora guarda con diffidenza ciò che altri continuano a celebrare.