L'amore produce il bene, perché l'uomo, amando, si unisce a Dio e quindi non desidera più nulla per sé, ma desidera dare agli altri ciò che ha, persino la sua vita e in questo dono di se stesso trova la felicità.
— Lev Tolstoj
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La nostra interpretazione
L’amore viene descritto come una forza capace di generare bene non solo in chi lo riceve, ma soprattutto in chi lo dona. Amare significa entrare in una dimensione più alta, in cui l’io non è più al centro, e la ricerca egoistica della propria soddisfazione lascia spazio al desiderio intenso di donarsi. Questo movimento interiore viene presentato come un avvicinarsi al divino: l’uomo, aprendosi all’amore, si innalza oltre i propri interessi personali e trova una diversa misura per le proprie azioni. Il bene non è più qualcosa di astratto o di imposto dall’esterno, ma diventa la conseguenza naturale di un cuore che si sente unito a una realtà più grande di sé. Anche il sacrificio, persino quello estremo della propria vita, non è percepito come perdita, ma come compimento di un desiderio di dono totale. In questo paradosso, rinunciando a vivere solo per sé, la persona scopre una forma più piena di felicità, radicata nella generosità e nella comunione con gli altri. La gioia nasce allora dal movimento del dare, non dal possesso, e la realizzazione personale si manifesta nel bene condiviso, non nell’accumulo di vantaggi individuali.