Sorte miserabile quella dell'eroe che non muore, dell'eroe che sopravvive a se stesso.
La vita non si spiega; si vive.
La coscienza: una rete elastica, che se s'allenta un poco, addio! scappa fuori la pazzia che cova dentro ciascuno di noi.
Sono guarito, signori: perché so perfettamente di fare il pazzo, qua; e lo faccio quieto! Il guaio è per voi che la vivete agiatamente, senza saperla e senza vederla la vostra pazzia.
Ogni cosa, finché dura, porta con sé la pena della sua forma, la pena d'esser così e di non poter essere più altrimenti.
Avete voi riso della favola della volpe e dell'uva? Io no, mai. Perché nessuna saggezza m'è apparsa più saggia di questa, che insegna a guarir d'ogni voglia disprezzandola.
Io ho un problema con gli eroi in generale: non mi piacciono. Non amo l'eroe buono, positivo, nemmeno quello mitologico che incarna in sé la morale, la giustezza della vita.
I veri eroi non sono mai perfetti come le leggende che li circondano.
Eroe è uno che sta di fronte a tanti. Nella guerra moderna questa posizione viene raggiunta, al più, dal pilota di un bombardiere, uno che sta addirittura al di sopra di tanti.
Il lavoratore che assolve il dovere sociale senz'altra speranza che un pezzo di pane e la salute della propria famiglia, ripete ogni giorno un atto di eroismo.
L'eroe vero è sempre eroe per sbaglio, il suo sogno sarebbe di essere un onesto vigliacco come tutti.
Eroe o pezzo di fango, non c'era via di mezzo per me, per l'uomo comune, dico, è vergogna infangarsi, ma l'eroe sta troppo in alto perché si possa infangare del tutto, per conseguenza si può stare nel fango.
Gli eroi sono eroi perché il loro comportamento è eroico, non perché vincano o perdano.
Il primo grado dell'eroismo è vincere la paura e il dominio su se stessi.
Gli eroi sul cavallo bianco sono un po' in ribasso, soprattutto quando non valgono una cicca.
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