I deboli non possono perdonare. Il perdono è l'attributo dei forti.
Dato che non penseremo mai nello stesso modo e vedremo la verità per frammenti e da diversi angoli di visuale, la regola della nostra condotta è la tolleranza reciproca.
Il sentiero della nonviolenza richiede molto più coraggio di quello della violenza.
La preghiera non ha bisogno di parole.
È meglio confessare i propri errori: ci si rtirova più forti.
Non è una vergogna essere schiavi: è una vergogna avere schiavi.
Anche i potenti possono aver bisogno dei deboli.
Nulla è più pericoloso per l'anima che occuparsi continuamente della propria insoddisfazione e debolezza.
Meglio essere violenti se c'è violenza nel nostro cuore, che mettersi il mantello della non violenza per mascherare la debolezza.
La caratteristica particolare della maggior parte delle cose che consideriamo fragili è quanto siano invece robuste.
Se qualche volta cado per mia debolezza, il vostro sguardo divino purifichi subito la mia anima consumando tutte le mie imperfezioni, come il fuoco che trasforma ogni cosa in se stesso.
Non ho paura di parlare delle mie debolezze, visto che, paradossalmente, sono la mia forza.
Non conviene che il debole abbia lingua audace.
L'anima non può manifestarsi ai nostri occhi se non per mezzo del corpo, ed è questa una debolezza dell'anima ma anche una sua curiosa astuzia.
La sollecitudine di accostare i fratelli non deve tradursi in una attenuazione, in una diminuzione della verità. Il nostro dialogo non può essere una debolezza rispetto all'impegno verso la nostra fede.
È meglio farsi nemico un debole che averlo per amico.