L’idea centrale è che la dimensione pratica e calcolatrice della vita possa diventare un rifugio sicuro per chi non vuole più esporsi ai rischi del sentimento. Gli impegni economici, il lavoro, la carriera, gli affari in senso ampio, vengono presentati come qualcosa che ha il potere di far arretrare le passioni, di spegnerle o almeno di metterle in secondo piano. Là dove l’amore è vulnerabilità, incertezza, desiderio e talvolta sofferenza, l’operare negli affari appare come un campo più controllabile, dove contano l’utile, il guadagno, la strategia, e meno la fragilità interiore. Chi si butta negli affari può usarli come arma di difesa: il tempo, l’energia e la mente occupati da progetti, contratti e obiettivi misurabili non lasciano spazio alla malinconia, ai rimpianti, alle illusioni sentimentali. Il coinvolgimento emotivo si riduce, quasi come se la ragione calcolatrice prendesse il posto del cuore. C’è anche un sottinteso amaro: per proteggersi dalla ferita dell’amore, si sceglie un mondo in cui prevalgono interessi, scambi e vantaggi, accettando che qualcosa della propria umanità più profonda venga messo a tacere. La sicurezza che ne deriva è reale, ma ha il sapore di una rinuncia alla parte più imprevedibile e viva dell’esistenza.