Amante del tutto indegno, volgare, è colui che ama più il corpo che l'animo, poiché costui infatti non è costante, preso com'è da cosa che non dura.
— Platone
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La nostra interpretazione
L’affetto orientato solo verso l’aspetto fisico di una persona viene descritto come povero, instabile e privo di vera dignità. L’attrazione per il corpo, per sua natura, è legata a qualcosa di fragile e passeggero: la bellezza sfiorisce, il fascino esteriore cambia, il corpo è soggetto al tempo e alle circostanze. Chi fonda il proprio legame su questo terreno, inseguendo solo il piacere sensibile, è destinato a cambiare facilmente oggetto del proprio desiderio, perché ciò che lo attira è per definizione transitorio.
In contrasto, l’orientamento verso l’animo di un’altra persona implica uno sguardo più profondo, che riconosce la sua interiorità, il carattere, i valori, la capacità di amare e di comprendere. Lì si trova una dimensione più stabile, meno esposta ai capricci del tempo e alle oscillazioni del desiderio. Amare in questo modo significa cercare il bene dell’altro, apprezzarne la ricchezza interiore, creare un legame che possa maturare e rafforzarsi, invece di consumarsi rapidamente.
Il giudizio severo verso chi ama solo il corpo non riguarda il piacere in sé, ma l’atteggiamento riduttivo che trasforma l’altro in oggetto. La persona non viene più riconosciuta nella sua totalità, ma smembrata nella sola apparenza. Si perde il rispetto e con esso la capacità di fedeltà. La dignità dell’amante si misura allora dalla sua capacità di vedere oltre la superficie, di restare saldo anche quando il fascino esteriore muta.
Questo sguardo interiore non elimina la dimensione corporea, ma la ordina e la integra. Il corpo può essere compreso come espressione dell’anima, non come unica ragione dell’attaccamento. L’amore diventa così un cammino che eleva, invece di imprigionare, perché non dipende solo da ciò che è destinato a deteriorarsi, ma da ciò che può crescere nel tempo. In questo si distingue un amore nobile: trova la sua forza non nel possesso dell’effimero, ma nel riconoscimento del valore spirituale dell’altro.