Quando si è innamorati, la tensione tra autenticità e desiderio di piacere all’altro diventa particolarmente intensa. L’affetto profondo spinge a mostrarsi nella luce migliore, a smussare gli spigoli del proprio carattere, a nascondere paure, gelosie, fragilità che potrebbero disturbare l’equilibrio della relazione. Si finisce così per costruire una versione leggermente ritoccata di sé, non tanto per ingannare, quanto per proteggere il legame, per non ferire, per non deludere. È una falsità che nasce da un impulso sincero: voler essere all’altezza dei sentimenti che si provano e di quelli che si ricevono. Questo paradosso mette in crisi l’idea di una trasparenza assoluta: anche quando si è animati dalle migliori intenzioni, si indossano maschere, si scelgono parole più dolci, si tacciono verità scomode. L’amore diventa allora un territorio ambiguo, in cui autenticità e finzione si intrecciano. La spinta verso la verità convive con la paura di perdere ciò che si è trovato. Ne risulta un gioco delicato, in cui l’essere “falsi” non è necessariamente menzogna calcolata, ma un tentativo imperfetto di custodire qualcosa di prezioso, pur sapendo che ogni filtraggio della verità ha un prezzo sulla profondità del legame.