Che cosa non si è fatto davanti ai nostri occhi, o anche non proprio davanti ai nostri occhi, in nome del "popolo", che non si sarebbe potuto fare in nome di Dio o dell'umanità o del diritto!
La malignità caro signore, è lo spirito della critica, e la critica è l'origine del progresso e della civiltà.
Il nostro essere è solo il punto di incidenza tra il non essere e il sempre essere, e la nostra esistenza temporale è solo il mezzo attraverso cui l'eternità si manifesta.
La capacità di godere richiede cultura, e la cultura equivale poi sempre alla capacità di godere.
E' spiacevole e tormentoso quando il corpo vive e si dà importanza per conto suo, senza alcun legame con lo spirito.
Appellarsi invece al popolo significa costruire un figmento: siccome il popolo in quanto tale non esiste, il populista è colui che si crea una immagine virtuale della volontà popolare.
Chi disse un popolo disse veramente uno pazzo; perché uno mostro pieno di confusione e di errori, e le sue vane opinioni sono tanto lontane dalla verità, quanto è, secondo Ptolomeo, la Spagna dalla India.
Il destino dei popoli è determinato dal loro carattere e non dai loro governi.
Per la salute dei popoli il morbo più temibile è l'ambizione dei governanti.
La sovranità del popolo è inalienabile.
Il popolo freme, sussurra, si accalca, brontola, strepita, acclama, fischia, deride, dileggia, minaccia, ondeggia, schiamazza, si indigna, avanza. E poi torna a casa per cena.
Il popolo ha ragione quando giudica per conto proprio; ha torto quando si fida delle sue guide cieche.
Il popolo deve stare allerta e vigile. Non deve lasciarsi provocare, né lasciarsi massacrare, ma deve anche difendere le sue conquiste. Deve difendere il diritto a costruire con il suo impegno una vita degna e migliore.
Il popolo è fatto di molti vuoti zeri, cui volentieri s'aggiunge chi si sente una cifra.
Non sono i popoli a dover aver paura dei propri governi, ma i governi che devono aver paura dei propri popoli.
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