Gli avari sono dei contemporanei antipatici, ma dei graditissimi antenati.
Si diceva della vecchia Sarah, duchessa di Marlborough, che non mettesse mai i puntini sulle "i", per risparmiare inchiostro.
L'avaro e il dissipatore hanno un solo e medesimo difetto. Entrambi non sanno far uso del denaro e per entrambi esso è motivo di infamia. Perciò con ragione entrambi ricevono uguale castigo, perché ugualmente non sono degni di possedere.
L'avarizia. È così sciocca che non sa neppure contare.
L'avaro ha una somma pazzia, che sempre stenta per non stentare, e la vita a lui fugge sotto speranza di godere i beni con somma fatica acquistati.
La ricerca esclusiva dell'avere diventa un ostacolo alla crescita dell'essere e si oppone alla sua vera grandezza: per le nazioni come per le persone, l'avarizia è la forma più evidente del sottosviluppo morale.
L'avaro è senz'altro un pazzo: che senso ha, infatti, vivere da povero per morire da ricco?
L'avarizia, com'è noto, ha una fame da lupo, e quanto più s'ingrassa, tanto più si fa insaziabile.
Vinci l'ira con la delicatezza, la cattiveria con la bontà, l'avarizia con la generosità, la menzogna con la verità.
L'avarizia comincia dove finisce la povertà.
Il prodigo è arrogante, l'avaro è meschino. La meschinità è meglio dell'arroganza.