Questo paese sconosciuto da cui nessun viaggiatore è tornato.
La sventura costringe l'uomo a far la conoscenza di ben strani compagni di letto.
Sperperiamo le nostre luci invano, come le lampade di giorno.
Ogni fatica che ci è grata ha con sè il suo rimedio.
È una bella prigione, il mondo.
L'abitudine è un mostro che consuma e distrugge tutti i sentimenti, tutte le inclinazioni. Allo stesso modo è un angelo in tutto ciò che dà inaspettatamente alle azioni buone e virtuose una facilità, una sembianza naturale, che le fa credere innate nell'uomo.
Oltre all'attesa di quello che accadrà dopo la morte, mi inquietano altri due interrogativi antecedenti e senza risposte: quando e come moriro? E il quando è meno preoccupante del come.
E la morte passò con la nuda falce a produrre tanti vuoti nelle nostre già sparute schiere di sopravvissuti.
Morire per dormire. Nient'altro. E con quel sonno poter calmare i dolorosi battiti del cuore, e le mille offese naturali di cui è erede la carne! Quest'è una conclusione da desiderarsi devotamente. Morire per dormire. Dormire, forse sognare.
Meglio essere vigliacchi per un minuto che morti per il resto della vita!
La morte di un uomo è meno affar suo che di chi gli sopravvive.
Morte... è l'unica cosa che non siamo riusciti a volgarizzare del tutto.
Se la paura della morte è, in effetti, un'evidenza, altrettanto evidente è che questa paura, per quanto grande sia, non è mai stata in grado di contrastare le passioni umane.
Ogni volta che trascorro del tempo con una persona che sta morendo trovo in effetti una persona che vive. Morire è il processo che inizia pochi minuti prima della morte, quando il cervello viene privato dell'ossigeno; tutto il resto è vivere.
Una morte è una tragedia, un milione di morti è statistica.
Bisogna morire molte volte per imparare a vivere.
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