Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri.— Umberto Eco
Io ho il diritto di scegliere la mia morte per il bene degli altri.
La dolorosa meraviglia che ci procura ogni rilettura dei grandi tragici è che i loro eroi, che avrebbero potuto sfuggire a un fato atroce, per debolezza o cecità non capiscono a cosa vanno incontro, e precipitano nell'abisso che si sono scavati con le proprie mani.
È difficile individuare lo stupido. Uno stupido può prendere anche il premio Nobel.
Il qualunquismo è una tara congeniale alla nostra cultura.
Ecco, forse l'unica vera prova della presenza del diavolo è l'intensità con cui tutti in quel momento ambiscono saperlo all'opera.
È bello qualcosa che, se fosse nostro, ci rallegrerebbe, ma che rimane tale anche se appartiene a qualcun altro.
La morte è una faccenda molto triste, molto noiosa, e il mio personale consiglio per voi è di non averci niente a che fare.
Che cosa non mi piace della morte? Forse l'ora.
Quando verrà l'ora di morire non voglio perderne neanche un attimo: si muore una volta sola.
Vi dimostrerò come non può accadere nulla di meglio della morte.
La morte è un'usanza che tutti, prima o poi, dobbiamo rispettare.
Chi sa morire, non ha più padrone.
Ascoltami: verso la morte sei spinto dal momento della nascita. Su questo e su pensieri del genere dobbiamo meditare, se vogliamo attendere serenamente quell'ultima ora che ci spaventa e ci rende inquiete tutte le altre.
La nostra morte individuale, solitaria e dimenticata nel frastuono delle cose ci incute sgomento in cuore.
Se la morte è il fine necessario della vita, tutta la saggezza consiste nell'affrettarne il conseguimento.
Ogni mattina e ogni sera dovremmo continuamente pensare alla morte, sentendoci già morti da sempre; in tal modo, saremo liberi di muoverci in ogni situazione.