Vuoi vedere che Nerone non era così matto, e forse era meglio bruciarla?
La pennica è sacra: un'ora e mezza a letto ogni giorno dopo pranzo. Sto disteso e godo nel sentire i clacson in lontananza. Quelli della gente che sta in macchina, in coda, suda, si affanna. Io ridacchio fra me e me e penso: ma 'ndo annate?
Sa perché dicono che sono avaro? Perché i soldi non li sbatto in faccia alla gente, come fanno certi miei colleghi.
I preti ci hanno insegnato tutto, la socializzazione, l'equilibrio tra il bene e il male, il piacere del perdono dopo uno strappo alle regole.
La mia comicità non è mai stata astratta, gratuita. L'ho sempre ricalcata sulla realtà del momento.
Dentro di noi c'è un libro bianco e nero che io mi fermo a leggere ogni tanto quando non son sicuro del sentiero, perché è lì che è scritto tutto quanto!
Non posso dire di avere una memoria precisa, unica di quella esperienza. Nella mia mente sono rimaste una serie di immagini visive delle cose più strane e lontane dalla normalità terrestre. Ricordo il cielo nero come la pece, la desolazione della superficie lunare.
Volevo Duma. Volevo il nero golfo e la sommessa conversazione delle conchiglie sotto di me.
Il mondo non è nero e bianco. Sembra di più nero e grigio.
L'oscurità si abbatté su Drugo, più nera del batacchio di un manzo nero in una notte senza luna nella prateria. Non c'era fine.
Era nero come la notte, Fiero come dieci furie, terribile come l'inferno E scuoteva un dardo terribile.
Il Paradiso è un mercato nero dove c'è di tutto?
Se era lì dentro, ci resterà per sempre.
Anche immerso nelle tenebre e nel silenzio io posso, se voglio, estrarre nella mia memoria i colori, distinguere il bianco dal nero e da qualsiasi altro colore voglio.
Dalla grotta escono lunghi singhiozzi. (Il viola sul rosso). Il gitano rievoca paesi remoti. (Torri alte e uomini misteriosi). Nella voce rotta vanno i suoi occhi. (Il nero sul rosso). E la grotta imbiancata trema nell'oro. (Il bianco sul rosso).
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