Non si muore. Si cessa soltanto di vivere.
Chi non crede nelle coincidenze le perde.
Ammazzare il tempo nell'attesa che il tempo ci ammazzi.
Chi nel corso della vita non ha mai commesso pazzie è un pazzo.
Una delle più diffuse ingenuità consiste nel ritenere che a furia di scrivere si possa diventare scrittori.
È poco probabile che tutto finisca con la morte perché sarebbe troppo comodo cavarsela così a buon mercato.
Ed è il pensiero della morte che, in fine, aiuta a vivere.
Ascoltami: verso la morte sei spinto dal momento della nascita. Su questo e su pensieri del genere dobbiamo meditare, se vogliamo attendere serenamente quell'ultima ora che ci spaventa e ci rende inquiete tutte le altre.
La morte non è un evento estremo e conclusivo, è un elemento della vita con il quale noi tutti coabitiamo.
Essere immortale è cosa da poco, tutte le creature lo sono, giacché ignorano la morte.
Perché temi il tuo ultimo giorno? Esso non contribuisce alla tua morte più di ciascuno degli altri.
Oltre all'attesa di quello che accadrà dopo la morte, mi inquietano altri due interrogativi antecedenti e senza risposte: quando e come moriro? E il quando è meno preoccupante del come.
Morire non significa nulla, ma vivere sconfitti e senza gloria significa morire ogni giorno.
La morte è un vile esperimento chimico che viene effettuato su tutti tranne che sugli alberi della sequoia.
Sappiamo di dover morire, ma l'istinto di conservazione ci consiglia di dimenticarlo.
Poi c'hai del sangue mio sete si ardente, E perchi'io mora, o Morte acerba e ria, Sei mossa per ferir la donna mia, Col velenoso stral fiero e pungente.