Non è la bellezza che mi conduce a te, scrittura, bensì la perdizione dell'anima.
L'arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s'accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla.
La scoperta della scrittura avrà l'effetto di produrre la dimenticanza nelle anime che l'impareranno, perché, fidandosi della scrittura, queste si abitueranno a ricordare dal di fuori mediante segni estranei, e non dal di dentro e da sé medesime.
Cogito ergo sum, ergo scrivo, ergo mi autopubblico, ergo mi autoleggo e chi s'è visto s'è visto. Stringi stringi: che bisogno c'è dell'editore? Mi pubblico io. Che bisogno c'è del lettore? Mi leggo io.
Scrivere è un artigianato che non conosce maestri, se non in modo imponderabile.
Perché scrivo? Per paura. Per paura che si perda il ricordo della vita delle persone di cui scrivo. Per paura che si perda il ricordo di me. O anche solo per essere protetto da una storia, per scivolare in una storia e non essere più riconoscibile, controllabile, ricattabile.
Gloria e merito di alcuni è scrivere bene; e di altri non scrivere affatto.
Non esiste una scrittura che sia sufficientemente segreta da permettere all'uomo di esprimersi in essa con verità.
Il bello è che scrivere è un altro modo di cagare e masturbarsi.
La scrittura è un tentativo disperato di preservare la memoria.
Per la scrittura io ho fatto tutto, mi sono ridotto persino a vivere.