Ho scritto alcune poesie che io stesso non capisco.— Carl Sandburg
Ho scritto alcune poesie che io stesso non capisco.
L'astuzia più grande è non averne affatto.
La vita è come una cipolla. La sfogli uno strato alla volta, e qualche volta piangi.
Un giorno faranno una guerra e nessuno vi parteciperà.
È la vita, che mi grava addosso. È tutto. È quello che dovevo fare e non ho fatto. Sono le cose che ho cominciato e non ho mai finito. Le lezioni di pianoforte. La bocciatura in secondo liceo. È mia madre che mi dice non ti capisco.
L'infinito in sé è piatto e poco interessante. Guardare un cielo notturno è guardare l'infinito: le distanze incommensurabili sono incomprensibili e quindi senza senso.
Tutti siamo qualche pagina di un libro, ma di un libro che nessuno ha mai scritto e che invano cerchiamo negli scaffali della nostra mente.
La mia più grande paura è di non essere capito.
Essere incompresi da coloro che amiamo è la condizione peggiore per vivere e affrontare ogni giorno gli impegni della vita. L'incomprensione pesa come una montagna e traccia solchi profondi sull'anima.
Siate umani: se avete un figlio che non sa distinguere i colori, fatene un critico d'arte piuttosto che un macchinista ferroviario.
Ogni volta (spesso) che mi accade di non capire qualche cosa, istintivamente mi prende la speranza che sia di nuovo la volta buona, e che io torni a non capire più niente, a impossessarmi di quella saggezza diversa, trovata e perduta nel medesimo istante.
Le donne sono fatte per essere amate, non per essere comprese.
Nel mondo reale i giovani scoprono che molti aspetti della vita sono incerti, misteriosi e persino inconoscibili.
La fede non si può comprendere; il massimo a cui si arriva è poter comprendere che non si può comprendere.