La tua modernità sta tutta nel senso dell'irrazionale.
Non ci si libera di una cosa evitandola, ma soltanto attraversandola.
Non sarebbero uomini, se non fossero tristi. La loro vita deve pur morire. Tutta la loro ricchezza è la morte, che li costringe industriarsi, a ricordare e prevedere.
La tolleranza delle idee nasce dalla illusione che la verità sia qualcosa di razionale, mentre appena si accetta il principio che qualunque idea si basa su una scelta iniziale, che la volontà è il primo organo della conoscenza, si diventa intransigenti.
Più il dolore è determinato e preciso, più l'istinto della vita si dibatte, e cade l'idea del suicidio.
A che serve passare dei giorni se non si ricordano?
Non possiamo fermare la modernità, ma non possiamo nemmeno subirla in modo passivo.
La modernità risolve i suoi problemi con soluzioni ancora peggiori dei problemi.
Tutti quelli che esaltano il frastuono dei mass media, il sorriso imbecille della pubblicità, l'oblio della natura, l'indiscrezione innalzata al rango di virtù, li si deve chiamare: collaborazionisti della modernità.
Una sola frase basterà a descrivere l'uomo moderno: egli fornicava e leggeva i giornali.
La modernità si è compiaciuta di mostrare che il dono gratuito è uno degli eventi più rari nella vita umana.
Il papa ha detto: "La risposta alla modernità è Cristo". Ora, io ho 44 anni e molto modestamente ho imparato una cosa nella mia vita: se la risposta è Cristo, la domanda è sbagliata.
La modernità nasce su due paradigmi. La singolarizzazione, cioè l'individuo in sé e il funzionalismo.
Il programma della modernità si inceppa proprio in quella che è, sin dall'inizio, la sua idea portante: la capacità della ragione umana.
L'operaio di una città moderna usufruisce, oggi, di un benessere materiale superiore a quello di un nobile dei secoli scorsi.
Moderno è l'uomo che pensa con il cervello proprio, non per ispirazione e autorizzazione di un'autorità religiosa o politica.