La poesia è anche e forse soprattutto lettura del grande libro della natura.
Ognuno è un ex di qualcosa, anche se non sa di esserlo.
La cultura del «parliamone» rischia talvolta di tradursi in una verbosa retorica, in un'involontaria e involontariamente comica parodia della democrazia.
La realtà non è idillica e non risparmia problemi né ostacoli a nessuno.
La tradizionale versione apocalittica di una fine del mondo, con i suoi immani cataclismi che investono tutti, è anche rassicurante, perché permette di sovrastare l'angoscia della propria morte con l'immagine di una morte universale, di roghi e diluvi che bruciano e sommergono ogni cosa.
Il confine che corre tra la verità e la menzogna è spesso incerto, anche se il nostro compito è quello di cercare incessantemente di stabilirlo.
In ogni poesia vi è una contraddizione essenziale. La poesia è molteplicità triturata e che restituisce fiamme.
Poesia, accordo supremo del nostro essere con se medesimo. Far poesia, in fondo, vuol dire senz'altro riconoscersi. Quando la parola è accettata senza reticenze, quando la parola non forza nulla, e le basta lasciarsi dire.
I poeti che sono la più matta genia da Teocrito in poi, albergarono nelle campagne la innocenza; forse per questo la maggiore parte delle nostre ninfe viene dalla patria degli idilli.
La poesia bisogna sentirla, non capirla.
La poesia risolve l'esistenza altrui nella propria.
Per i moderni la poesia è qualcosa che non si può spiegare, è una suggestione.
Una storia di fatti particolari è uno specchio che oscura e distorce ciò che potrebbe essere bello; la poesia è uno specchio che rende bello ciò che è distorto.
Ho scritto migliaia e migliaia di poesie. Ma non ne ho conservata nessuna. Le regalo. Per me conservo i sentimenti che le hanno animate. Quelli sono i miei ricordi. Nelle poesie c'è solo l'effetto di quei sentimenti, c'è quello che rimane in superficie, ma l'uomo è rimasto mio.
I poeti sono privi di pudore verso le loro esperienze interiori: le sfruttano.
La poesia è la rivelazione di un sentimento che il poeta crede che sia personale e interiore, che il lettore riconosce come proprio.