La pistola che ho puntato alla tempia si chiama Poesia.
Mi piace la gente che sa ascoltare il vento sulla propria pelle, sentire gli odori delle cose, catturarne l'anima. Quelli che hanno la carne a contatto con la carne del mondo. Perché lì c'è verità, lì c'è dolcezza, lì c'è sensibilità, lì c'è ancora amore.
Chi si nasconde nella tenerezza non conosce il fuoco della passione.
La nevrosi è qualche cosa di circoscritto al pube.
Quelle come me guardano avanti, anche se il cuore rimane sempre qualche passo indietro.
La calunnia è un vocabolo sdentato che quando arriva a destinazione mette mandibole di ferro.
Non credete soltanto a ciò che vedete. È più profondo lo sguardo dei poeti. Per loro la Natura è un giardino di casa.
La poesia non è un modo di esprimere un'opinione. È un canto che sale da una ferita sanguinante o da labbra sorridenti.
La poesia, costretta a essere poesia sociale, poesia civile, poesia patriottica, intristisce sui libri, avvizzisce nell'aria chiusa della scuola, e finalmente ammala di retorica, e muore. E noi di questa pseudopoesia ne abbiamo tanta.
Ogni poeta vende i suoi guai migliori.
La poesia è distacco, lontananza, assenza, separatezza, malattia, delirio, suono, e soprattutto, urgenza, vita, sofferenza. È l'abisso che scinde orale e scritto.
I poeti sono i legislatori misconosciuti del mondo.
La poesia che viene al mondo vi giunge carica di mondo.
Nella sciattezza linguistica in cui viviamo c'è bisogno della poesia, che ha la funzione di avvicinarsi all'assoluto. In questo mercato generale delle parole, la parola poetica diventa un assoluto.
Non si scrive un poema con le idee, ma con le parole.
Ogni poesia è femmina!