La città è il cibo preferito dei cani.— Daniel Pennac
La città è il cibo preferito dei cani.
Si torna naturalmente al trucido feuilleton del Grande Magazzino dove finzione e realtà copulano allegramente.
Quale che sia la materia insegnata, un professore scopre ben presto che, ad ogni domanda posta, lo studente interrogato ha a disposizione tre risposte possibili: quella giusta, quella sbagliata, quella assurda.
Il tempo per leggere è sempre tempo rubato. Rubato a cosa? Diciamo, al dovere di vivere.
Il somaro oscilla perennemente tra scusarsi di essere il desiderio di esistere nonostante tutto, di trovare il proprio posto, o addirittura di imporlo, fosse anche con la violenza, che è il suo antidepressivo.
L'umorismo, irriducibile espressione dell'etica.
Le città portano le stigmate del passare del tempo, occasionalmente le promesse delle epoche future.
Le città parlano a chi sa interpretare le tracce residue del passato.
D'una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda.
Una città è come un animale. Possiede un sistema nervoso, una testa, delle spalle e dei piedi. Ogni città differisce da tutte le altre: non ce ne sono due uguali.
Le città non sono solo scambi di merci: sono scambi di gesti, parole, emozioni, memorie, tempo, saperi.
Non si può conoscere con l'esperienza una grande città: la sua vita è troppo complessa perché un qualsiasi individuo possa parteciparvi.
Un'assuefazione perfetta alla vita urbana odierna è segno di gravissimo squilibrio. È sano soltanto chi ne soffre.
Ogni città riceve la sua forma dal deserto a cui si oppone.
Uscire dalla città, a piedi, è faticosissimo. T'investe la lava bollente del brutto, del rumore, strade sopra strade, tremendi ponti di ferro, treni, camion, tir, corsie con sbarramenti, impraticabili autostrade, un vero teatro di guerra.
Le città al pari delle foreste, hanno antri in cui si nasconde tutto ciò che esse hanno di più cattivo e di più terribile. Solo che, nella città, ciò che si nasconde così è feroce, immondo e misero, cioè brutto; nelle foreste, ciò che si nasconde è feroce, selvaggio e grande, cioè bello.