La saggezza non è altro che la scienza della felicità.
Le lacrime del vero attore discendono dal cervello, quelle dell'uomo sensibile salgono dal cuore.
La cosa peggiore è la posizione stentata in cui ci tiene il bisogno; l'uomo bisognoso non cammina normalmente; egli salta, striscia, si contorce, si trascina, passa la vita ad assumere e a eseguire delle posizioni.
La vita claustrale è una vita da fanatici o da ipocriti.
La sensibilità non è la qualità di un grande genio.
Il vero martire attende la morte. Il fanatico le corre incontro.
C'è una saggezza che è dolore, ma c'è un dolore che è follia.
A stento la divinità concede di amare ed esser saggi.
L'uomo saggio mangia senza ingozzarsi e vive senza grandi comodità. Egli è diligente in ciò che fa, prudente in ciò che dice e si sforza di correggersi tenendo a modello coloro che possiedono la Via. Così è l'uomo mosso da un vero desiderio di istruzione.
Si racconta che il dolore ci rende saggi.
È un padre saggio quello che conosce il proprio figlio.
Il saggio non soffre di più se messo alla tortura egli stesso, che quando il suo amico è messo alla tortura...
Il saggio non nega e non afferma, non si esalta e non si abbatte, non crede né all'esistenza di Dio, né alla sua inesistenza. Il saggio non ha certezze, ha solo ipotesi più o meno probabili.
La saggezza consiste nel sapere quando si può evitare la perfezione.
Lo sciocco crede d'esser saggio, ma il saggio sa anche troppo bene d'essere uno sciocco.
Il saggio impara molte cose dai suoi nemici.