Vuoto è l'argomento del filosofo che non dà sollievo all'umana sofferenza.
Non sono da temere gli dèi; non è cosa di cui si debba stare in sospetto la morte; il bene è facile a procurarsi; facile a tollerarsi il male.
Non fingere di essere saggio, ma sii saggio davvero: non abbiamo bisogno di apparire sani, ma di esserlo veramente.
Non è apprezzabile chi è troppo facile all'amicizia né chi troppo vi esita; per amore dell'amicizia bisogna anche rischiare il proprio amore.
Nulla basta a colui al quale par poco ciò che basta.
Il più gran frutto del bastare a sé stessi è la libertà.
La sofferenza, se affrontata senza timore, costituisce il passaporto verso la libertà.
Quelli che soffrono d'indigestione stanno male quanto quelli che muoiono di fame.
Spesso non diciamo quello che abbiamo dentro per paura di far soffrire gli altri e così ci portiamo dietro un peso che coni1 tempo diventa una montagna.
La coppa della sofferenza non ha la stessa misura per tutti.
Il mondo è pieno di sofferenze ma è altrettanto pieno di persone che le hanno superate.
Non mi lasciare, resta, sofferenza!
L'uomo è uno scolaro e il dolore è il suo maestro; nessuno si conosce finché non ha sofferto.
L'uomo soffre forse di più o, se vogliamo, ha minore resistenza, mentre invece la donna soffre sempre senza colpa.
La sofferenza dei monaci e della monache, dei solitari d'ambo i sessi, non è una sofferenza della sessualità ma di maternità e di paternità, cioè di finalità.
Che la sofferenza sia più grande della colpa è la terribile, la distruttiva verità della croce.