Nulla è più raro della genuina bontà.
V'è una specie di riconoscenza viva che non ci assolve soltanto dei benefici ricevuti, ma che costringe i nostri amici a esserci obbligati, e a ripagarci di ciò che ad essi dobbiamo.
Un vero amico è il maggiore dei beni e quello che, tra tutti, ci si cura meno di acquistare.
Certe volte basta essere ignorante per non essere ingannato da un uomo intelligente.
La cortesia è il desiderio di essere ricambiati e di essere considerati gentili.
L'assenza attenua le passioni mediocri e aumenta le grandi, come il vento spegne le candele e ravviva l'incendio.
Bontà e ragione non sono nella natura, ma esistono in noi con i quali il caso si diverte; ma possiamo essere più forti del caso e della natura, anche se solo per pochi istanti.
Diventare uomo buono veramente è, bensì, arduo, tetragono di mani, di piedi e di mente, forgiato senza difetto.
Il malvagio pensa sempre a sé, il buono qualche volta agli altri: il più buono è l'innamorato.
La bontà disarmata, incauta, inesperta e senza accorgimento non è neppure bontà, è ingenuità stolta e provoca solo disastri.
Veramente buono è l'uomo raro che non biasima mai le persone per i mali che capitano loro.
L'uomo è buono finché gli conviene.
Arduo essere buono.
La bontà vera è, non debolezza, ma forza. L'uomo debole è solo buono in apparenza.
Quanta bontà tra le atrocità della guerra!
Anche nel peggior carattere c'è il 5% di buono. Il gioco consiste nel trovarlo e quindi nello svilupparlo fino ad una proporzione dell'80% o 90%.