L'amore: un sentimento inventato: ciò che conta è il gioco della seduzione, il rituale di piacere a qualcuno.
— Gesualdo Bufalino
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La nostra interpretazione
In queste parole emerge una visione profondamente disincantata del sentimento amoroso. L’idea di fondo è che ciò che viene comunemente chiamato amore non sia una realtà oggettiva e stabile, ma piuttosto una costruzione culturale, quasi una finzione collettiva. Viene messo in dubbio il nucleo stesso del sentimento, come se la sua esistenza fosse meno importante rispetto alle dinamiche che gli ruotano intorno. Il fulcro dell’esperienza affettiva si sposta così sul momento della seduzione, sull’arte di piacere all’altro, sul rito fatto di sguardi, parole, gesti, attese e illusioni.
Questo modo di vedere sottolinea come la relazione spesso si fondi più sul desiderio di essere desiderati che su un presunto “sentimento assoluto”. Il piacere nasce dal gioco, dal sentirsi capaci di attrarre, di suscitare interesse, di costruire un’immagine di sé affascinante agli occhi dell’altro. L’amore diventa così una scena teatrale in cui conta la recita, il copione, la tensione che si crea tra attrazione, conquista e conferma del proprio valore. Non viene necessariamente negata la possibilità di un sentimento profondo, ma si suggerisce che, nella pratica, ciò che muove le persone sono spesso i rituali, più che l’essenza. Ne deriva un’immagine dell’amore come esperienza ambigua, sospesa tra autenticità e finzione, dove l’aspetto ludico e narcisistico della seduzione prevale sulla promessa di un’unione stabile e assoluta.
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