I suicidi sono solo degli impazienti.
Abituarsi a guardare la vita come una cosa d'altri, rubata per scherzo, da restituire domani. Convincersi ch'è uno sbaraglio per temerari, che la precauzione suprema è morire.
Resta dubbio, dopo tanto discorrere, se le donne preferiscano essere prese, comprese o sorprese.
Eppure un guizzo solo di primavera basta a rendere allegra l'anima vedova, a mutare in piani di esaltata Arlecchina queste ostinate gramaglie.
È la creazione che crea il creatore, non viceversa.
È più facile amare gli altri che sé. Degli altri si conosce il meglio.
Epitaffio del suicida: veni vidi fugi.
Io non mi ucciderò. Si dimenticano così in fretta i morti.
Si è liberi veramente quando ci si può suicidare senza arrecare danno o dolore o rimpianto a nessuno: la libertà è la forma intermedia della solitudine, il suicidio la forma estrema dell'unica compagnia che ti è rimasta.
Senza la possibilità del suicidio avrei potuto uccidermi molto tempo fa.
Viene un momento in cui qualcosa si spezza dentro, e non si ha più né energia né volontà. Dicono che bisogna vivere, ma vivere è un problema che alla lunga conduce al suicidio.
Il suicidio, lungi dall'essere negazione della volontà ne deriva che la distruzione di un fenomeno isolato è azione in tutto vana e stolta.
Ricorda, al mondo c'è solo omicidio. Non esiste suicidio.
La felicità spinge al suicidio quanto l'infelicità, anzi ancora di più perché amorfa, improbabile, esige uno sforzo di adattamento estenuante, mentre l'infelicità offre la sicurezza e il rigore del rito.
Chissà se non c'è una differenza fra togliersi la vita e darsi una morte?
Stima la vita al suo giusto valore chi l'abbandona per un sogno.