Non c'è felicità nell'essere amati. Ognuno ama se stesso; ma amare, ecco la felicità.
— Hermann Hesse
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La nostra interpretazione
La felicità non risiede nel sentirsi oggetto d’amore, ma nello slancio di chi sceglie di amare. L’attenzione viene spostata dalla passività del ricevere alla responsabilità dell’offrire. Ogni persona, in misura maggiore o minore, è spontaneamente orientata verso se stessa, verso i propri bisogni, la propria sicurezza, il proprio riconoscimento. Essere amati può gratificare l’ego, confermare il senso di valore personale, ma rimane un’esperienza dipendente dagli altri e quindi fragile, esposta ai cambiamenti e ai rifiuti.
La gioia più profonda nasce invece dall’atto del donarsi, dal movimento interiore che porta a uscire dai confini del proprio io per rivolgersi autenticamente a un altro. Amare significa assumere il rischio dell’apertura, accettare la vulnerabilità, mettere al centro non ciò che si riceve ma ciò che si offre. In questo gesto attivo c’è una libertà che non può essere tolta da nessuno, perché non dipende dal comportamento altrui. Anche se non sempre viene ricambiato, l’amore inteso come scelta e come dono genera un senso di pienezza: permette di sentirsi vivi, in contatto con ciò che di più autentico abita l’essere umano. La vera felicità non è allora un premio ricevuto dall’esterno, ma la conseguenza naturale di un cuore capace di amare senza calcolo e senza possesso.