Se insegni, insegna anche a dubitare di ciò che insegni.
Alle opere veramente preziose si perviene soltanto tramite la mediazione di questo sforzo antieconomico (lo sport), i cui sublimi risultati sono: la creazione scientifica e artistica, l'eroismo politico e morale, la santità religiosa.
Lo sport è sforzo fatto liberamente, per pura soddisfazione in sé, mentre il lavoro è uno sforzo a cui si è costretti in vista del suo rendimento.
La cultura non è figlia del lavoro ma dello sport. Si sa bene che attualmente mi trovo solo tra i miei contemporanei nell'affermare che la forma superiore dell'esistenza umana è proprio lo sport.
La civiltà non è altro che il tentativo di costringere la forza ad essere l'ultima ratio.
L'insegnamento effettivamente è come un cibo, il cui possessore è colui che lo distribuisce.
Buon maestro è già quello che non lega, comprime o snatura l'anima dell'alunno.
Povero quel maestro che non sa essere maestro se non fra le pareti della scuola.
Il vero maestro difende i suoi allievi contro la sua stessa influenza.
Ci sono uomini colti persino tra i professori.
E pronuncia sempre con riverenza questo nome - maestro - che dopo quello di padre, è il più nobile, il più dolce nome che possa dare un uomo a un altro uomo.
Non c'è niente da fare: ogni maestro ha un solo allievo, e questo gli diventa infedele perché è destinato anche lui a diventare maestro.
Tra la nutrice che allatta e il precettore che insegna vi è analogia. Talvolta, quest'ultimo è padre più del genitore stesso, come la nutrice è madre più della madre vera.
L'arte suprema di un maestro è la gioia che si risveglia nell'espressione creativa e nella conoscenza.
Maestri di vita. Dispiace nei cosiddetti maestri non che cambino le idee, ma che le idee non li cambino.