L'invidioso mi loda senza saperlo.— Khalil Gibran
L'invidioso mi loda senza saperlo.
Se non fosse per gli ospiti, ogni casa sarebbe una tomba.
Com'è serio il goloso quando esorta l'affamato a tollerare i morsi della fame.
Come é nobile chi, col cuore triste, vuol cantare ugualmente un canto felice, tra cuori felici.
La forza e la tolleranza sono compagne.
L'animo forte perdona, e la facoltà di perdonare è il privilegio di chi ha subito ingiuria.
L'invidia sempre vile e bassa, avversa alla giustizia e alla benevolenza è quella che sbandisce dall'animo ogni pace e tranquillità nel suo livore, che è capace del tradimento e della calunnia per opprimere ed abbassare il merito, che si espone giustamente all'odio ed all'esecrazione di tutti.
Anche in uno stato oppresso c'è la possibilità per un uomo saggio di manifestarsi, e in uno fiorente e felice regnano la sfrontatezza l'invidia e mille altri vizi che rendono inerti.
Una delle conseguenze dell'invidia eccessiva sembra essere il precoce instaurarsi del senso di colpa.
Un successo letterario clamoroso riesce a spegnere l'invidia, non ad accendere la stima.
Ogni persona ha ciò che non vuole, e ciò che vorrebbe l'hanno gli altri.
L'invidioso è destinato a non godere mai.
L'invidia soffre per la buona fortuna del prossimo, e non potendo godere, per insufficienza propria, dei propri successi, gode malignamente degli insuccessi altrui.
Ogni volta che penso alla crocifissione di Cristo, commetto il peccato dell'invidia.
L'invidia o il puntìglio, cortesi amici, può far de' volumi contro l'opere grandi, ma non mai opprimerle sotto il lor peso.
L'invidia è una forma di vizio, in parte morale e in parte intellettuale, che consiste nel non vedere mai le cose in se stesse, ma soltanto in rapporto ad altre.