La rivoluzione è la festa degli oppressi e degli sfruttati.— Lenin
La rivoluzione è la festa degli oppressi e degli sfruttati.
Fino a quando gli uomini non avranno imparato a discernere, sotto qualunque frase, dichiarazione e promessa morale, religiosa, politica e sociale, gli interessi di queste o quelle classi, essi in politica saranno sempre, come sono sempre stati, vittime ingenue degli inganni e delle illusioni.
Epurandosi un partito si rafforza.
La legge è una misura politica, anzi è politica.
Finché ci sarà uno stato non ci sarà libertà. Quando ci sarà libertà non ci sarà uno stato.
La rivoluzione consiste nell'amare un uomo che ancora non esiste.
La parola rivoluzione è una parola per la quale si uccide, per la quale si muore, per la quale si mandano a morte le masse, ma che non ha alcun contenuto.
I popoli ben governati e contenti non insorgono. Le insurrezioni, le rivoluzioni, sono la risorsa degli oppressi e degli schiavi e chi le fa nascere sono i tiranni.
Ogni movimento rivoluzionario è romantico, per definizione.
Non sono gli uomini che guidano la rivoluzione, è la rivoluzione che guida gli uomini.
Quelli che rendono impossibili le rivoluzioni pacifiche rendono le rivoluzioni violente inevitabili.
I rivoluzionari sono più formalisti dei conservatori.
Forse una rivoluzione potrà sì determinare l'affrancamento da un dispotismo personale e da un'oppressione avida di guadagno e di potere, ma mai una vera riforma del modo di pensare.
Le rivoluzioni non sono sciocchezze, ma dalle sciocchezze hanno origine.
Gli inferiori si ribellano per poter essere uguali e gli uguali per poter essere superiori. È questo lo stato d'animo da cui nascono le rivoluzioni.