Viaggiare è affascinante soltanto in retrospettiva.
Viaggiare in lungo e in largo porta ad una sensazione di chiusura; e il viaggio, così capace di ampliare la mente all'inizio, di fatto la contrae.
I viaggi che vale la pena di fare ti portano inevitabilmente, prima o poi, a dipendere dalla gentilezza degli sconosciuti, a metterti nelle mani di persone che non hai mai visto affidando loro la tua vita.
I turisti non sanno dove sono stati. Il viaggiatore non sa dove sta andando.
La presunzione di onniscienza sorta con internet ha generato l'errata e arrogante convinzione secondo cui lo sforzo fisico del viaggio è diventato superfluo.
Chi viaggia solo può partire oggi, ma chi viaggia in compagnia deve attendere finché l'altro non è pronto.
Sembra esserci nell'uomo, come negli uccelli, un bisogno di migrazione, una vitale necessità di sentirsi altrove.
Tutto considerato, ci sono due specie di uomini nel mondo: quelli che restano a casa loro e gli altri.
Nessun vascello c'è che, come un libro, possa portarci in contrade lontane.
Cambiano cielo, non animo, coloro che corrono al di là del mare.
Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta: cuori lievi, simili a palloncini che solo il caso muove eternamente, dicono sempre "Andiamo", e non sanno perchè. I loro desideri hanno le forme delle nuvole.
Di tutti i libri, quello che preferisco è il mio passaporto, l'unico in ottavo che apre le frontiere.
Se vuoi viaggiare intorno al mondo ed essere invitato a parlare in un sacco di posti diversi, ti basta scrivere un sistema operativo Unix.
I viaggi in aereo sono il modo che la natura ha per farti somigliare alla foto del tuo passaporto.
Un viaggio di mille li principia da sotto il piede.